Pratyahara: la base della meditazionedi Sw Chidananda
La mente è lo strumento per il raggiungimento del supremo frutto dello Yoga. Ma la mente che è di impurità, è un ostacolo per lo Yoga, benché la stessa mente, quando diventa raffinata, quando le impurità sono rimosse, quando la caratteristica dell’oscillazione è arrestata, diventa lo strumento per lo Yoga.
Se la mente si collega con gli oggetti dei sensi, i sensi vanno verso gli oggetti. Quando la mente riposa su un ideale spirituale, questo tiene la mente sempre occupata e le tentazioni non la trascinano via. Anche quando gli oggetti vanno a posarsi sui sensi, i sensi non trasmettono le sensazioni alla mente. Un uomo può guardare ma non vedere, può udire ma non ascoltare, può toccare ma non sentire. In questo modo il contatto con la mente è gradualmente ridotto. Quando le viene dato un ideale come base su cui può riposare, allora la mente diventa ritirata in se stessa. La base che viene data alla mente la rende interiorizzata e i sensi perdono il loro stimolo ad andare verso gli oggetti. Così si effettua un ritiro della mente e questo prepara la mente alla concentrazione. Infatti prima di fissare la mente bisogna portarla via da tutti gli oggetti. Questo processo è chiamato “Pratyahara”. I raggi della mente sono riuniti insieme e concentrati.
Pratyahara è normalmente tradotto come “ritiro, ritirare”. Da qui deriva la necessità dell’isolamento, perché in tal modo non ci sono molte distrazioni. Interiorizzati si riduce il flusso dei sensi verso gli oggetti e l’agitazione della mente.
Pratyahara allontana sia il mondo esterno degli oggetti dei sensi, sia il mondo interno della mente e i suoi processi di pensiero. Uno si potrebbe aspettare che gli oggetti fuori dalla vista siano fuori dalla mente, ma non è così. Essi sono molto presenti nella mente, vengono dall’interno. Perché? Perché si sono prodotte costantemente delle impressioni di questi oggetti nella mente. Quando sedete per la vostra meditazione giornaliera, la mente comincia a vagare in varie direzioni e a pensare a numerosi oggetti. Voi dovete essere fermi; come e quando la mente comincia ad andare verso pensieri esterni, dovete riportarla indietro e dirigerla di nuovo verso l’oggetto della meditazione, di nuovo e di nuovo. Come, giorno dopo giorno, fate questa pratica del pratyahara, la vostra mente prenderà l’abitudine ad essere interiorizzata, allora gli oggetti non avranno più il potere di attirare fuori i sensi.
La maggior parte delle persone vive nelle città e per esse il pratyahara deve diventare uno stile di vita. Dovete imparare l’arte del distacco interiore anche nel mezzo delle attività, l’arte di non permettere agli oggetti esterni di andare nelle profondità della vostra coscienza anche se passano davanti ai vostri occhi come un caleidoscopio o un film. Distaccate la mente. Fate che essa abbia un’altra base, un qualche altro punto focale, anche nel mezzo del confuso mondo esteriore. Lo Yogi dovrebbe portare con sé un ininterrotto pensiero spirituale, un ricordo divino dentro se stesso, costantemente, sempre.
C’è ancora un altro aspetto da considerare. Supponiamo che le impressioni sono già entrate nella mente. Va bene, allora distaccate l’ego e la sensazione che voi siete colui che agisce, dalla mente. Dite: “ No, rifiuto di essere coinvolto in questo, rifiuto di associare me stesso in ciò, rimango separato da questo. Sono solo un testimone di questo, sono solo la coscienza che testimonia.” Così, staccate il vostro legame con la mente. Siate solo una non influenzata, distaccata coscienza che testimonia.
Ad Arjuna, il Signore Krishna ricordò che egli non era completamente distaccato e che doveva stabilirsi nel continuo ricordo divino. “ Ricorda Me costantemente e porta a termine i tuoi compiti.” (Gita 8. 7).
“Essendo stabilito nello Yoga esegui le azioni abbandonando ogni attaccamento.” (Gita 2.48).
Dio vi benedica tutti!
Buona Pratica