IL TESTIMONE
Patanjali nei suoi yogasutra al cap. II v.46 enuncia: sthira- suka asanam, la postura yoga (asana) deve essere ferma-comoda e senza sforzo.
il motivo per cui viene perseguita una posizione ferma, è dovuto al fatto che la pratica delle asanas non è fine a se stessa, ma è parte di un percorso graduale e progressivo, verso qell’obbiettivo finale che è il totale controllo della mente.
La naturale evoluzione della pratica delle asanas è il pranayama. Le asana sono considerate in realtà una preparazione alla pratica più avanzata e più laboriosa del pranayama.
Pranayama significa controllo del prana (energia vitale). Il prana è un’energia sottile che pervade tutto l’universo, è nell’aria, nel cibo, nell’acqua, nel corpo per renderlo vivo: ossia crea, sostiene e illumina l’universo e ci collega all’origine dell’essenza della vita.
Il pranayama è un processo di regolazione, controllo e di estensione della riserva di prana, solitamente carente, ciò avviene attraverso la regolazione e direzione del respiro consapevole, veicolo base e fondamentale per il movimento all’interno del corpo.
” come un leone, un elefante una tigre si domano a poco a poco e con cautela, così anche il prana deve essere controllato per gradi, altrimenti distrugge chi lo pratica. Tutte le malattie scompaiono grazie al pranayama correttamente eseguito: ogni tipo di malattia ha origine dalla pratica scorretta”- ( Hatha yoga pradipika (II 15,6)
Da quello che ci dice il più antico e autorevole testo di hatha yoga, dobbiamo tener presente, dato che il pranayama è una pratica profonda, che va praticata sotto la guida di un esperto in materia. L’atteggiamento di attenzione e cautela ( simile a quello verso una bestia feroce), conduce a un cambiamento in noi stessi, sul corpo, sul respiro e sulla coscienza.
Pertanto il primo compito non è fare o cambiare qualcosa attraverso un particolare sforzo. Proprio l’opposto.
Non ci accingiamo a fare altro che osservare, facciamo la conoscenza del corpo e del respiro ordinario per scoprire cosa sono. IL cammino inizia osservando cos’è il respiro, altrimenti nessun esercizio respiratorio si rivelerà utile.
Ci serve un “amico” che ci aiuti in questo compito, qualcuno che prenda le distanze e osservi ciò che è dentro di noi. Senza giudizi nè aspettative. Gli Yogi hanno attribuito a questo amico il nome di TESTIMONE ( sakshin), ci aiuterà a muovere i primi passi nel nostro viaggio (all’interno di noi stessi) e rimarrà al nostro fianco per tutto il tempo.
Ma come possiamo trovare un testimone?
Per tutta la vita ci hanno insegnato ad analizzare e criticare cose e persone, raramente ad accettare e vederli per quello che essi sono.
Il testimone si rivolge sia al mondo interno che a quello esterno. Lascia che si esprimano liberamente senza interferire. Il testimone è centrato sul presente non ha memoria del passato nè preoccupazioni per il futuro. Ha fiducia in sé stesso, non dipende dal giudizio degli altri: si accetta sia nei successi che nei fallimenti.
Non è difficile prendere contatto con il testimone, la vera sfida è : mantenere tale contatto per più di pochi secondi. Inizialmente il legame con il nostro compagno di viaggio sarà probabilmente debole. Sviluppare il testimone è come sviluppare un muscolo, più lo esercitiamo, più si rafforza.
All’inizio e alla fine di ogni seduta yoga dedicate alcuni momenti seguendo il respiro che scorre nelle narici, osservate le fluttuazioni mentali del giorno, prendendo nota delle sensazioni, dei pensieri, della pratica, della vita in generale. Qualche ostacolo si profila all’orizzonte? se ce ne sono, siatene testimoni, nulla di più.
Il testimone non si limiterà a vedere ma, a mano a mano che acquisisce forza ed esperienza, suggerisce possibili linee condotta. Ascoltate attentamente ogni parola di saggezza che proviene dal vostro testimone.
Quando avremo instaurato un buon rapporto di lavoro con il testimone nella pratica delle asanas e del pranayama, potremo introdurlo nella vita quotidiana.