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kumbhaka Pranayama

DAL TEMPO ALLA PAUSA… FINO AL KUMBHAKA
Durante la pratica del pranayama, mediante l’osservazione del respiro, possiamo esplorare il tempo di durata di ogni inspirazione e di ogni espirazione – mentre il movimento dell’area durante le due fasi, insieme al corrispondente spazio prodotto all’interno dei polmoni che aumenta e si riduce ritmicamente, giunge a rivelare una pausa spontanea del respiro.
La pausa respiratoria, quando realizzata, rappresenta il precursore del kumbhaka, dove per kumbhaka si intende una pausa volontariamente prolungata.
“Kumbha” significa “recipiente“; partendo da questo presupposto possiamo pensare quindi allo “spazio” che c’è dentro e che può riempirsi, svuotarsi, rimanere pieno o rimanere vuoto. Il contenuto di questo contenitore (il corpo) è la coscienza che può essere vuota ma può anche cominciare a riempirsi e poi svuotarsi di tante cose. Poiché tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, gustiamo, annusiamo e tocchiamo, produce nella nostra coscienza delle sensazioni.
A seconda di che cosa entra in noi, diveniamo consapevoli di spazi diversi all’interno del corpo, per cui, se inizialmente la coscienza è pura (come quella del bambino), questa coscienza si trasforma in consapevolezza di varie realtà che possono essere positive o negative:
a) Le sensazioni positive aiutano a crescere
b) Le sensazioni negative tengono in uno stato disturbato e, tante volte, impediscono che ci sia una crescita personale, un’evoluzione.
La coscienza di molte persone viene frenata nella sua crescita, da vari fattori negativi, infatti quando una persona non sta bene dentro, cerca nel mondo esterno la via per stare meglio.
Questo stato è considerato dallo Yoga, come coscienza disturbata; che gli fa sperimentare malessere, da cui poi sorge il desiderio di trasformare il proprio malessere in uno stato di benessere
Questa realtà deve indurre a cambiare il modo di pensare al “Pranayama”, poiché se non lo limitiamo ad una semplice attività respiratoria ma, pensiamo in termini di coscienza, con una pratica seria e costante, realizzeremo che: 
L’atto di inspirazione attraverso il pranayama diventa un riempimento chiamato “Puraka” poiché non è soltanto aria che entra ma è tutto ciò che “ci nutre”, oltre all’aria anche, immagini, suoni, gusti, profumi, sensazioni tattili, emozioni e pensieri.
Così come “Rechaka”, lo svuotamento, non è soltanto aria che esce ma è “la coscienza che si svuota” di qualcosa, oltre all’aria.
Mentre “Kumbhaka”, la pausa del respiro, è il momento in cui possiamo rimanere tranquilli in pace con la mente.
Tuto questo dimostra che il pranayama non è una semplice tecnica respiratoria, ma significa lavorare con la propria energia vitale “shakti yoga”, fino alla presa di coscienza del suo percorso d’azione ascendente all’interno del corpo.
Lo yoga considera il corpo come un recipiente “Kumbha”, se il corpo è un contenitore, lo è anche la nostra mente e la nostra coscienza. Il corpo si riempie di sostanze materiali, la mente si riempie di “sensazioni”. Questo “contenitore o spazio che è la coscienza” che noi chiamiamo “testimone”, si riempirà di esperienze.
L’esercizio del pranayama, quindi, non consiste semplicemente nel regolare l’inspirazione e la espirazione, ma significa giungere a vivere un’esperienza in grado di agire sui processi interiori fino sulla propria coscienza.
Questa è la vera comprensione del “Pranayama”, riferito alla “Coscienza”, se non limitato al solo atto di inspirare ed espirare.
Quando realizziamo che il “Pranayama” (riferito alla coscienza che si riempie di qualcosa, che si svuota o rimane tranquilla) può essere causa di benessere o di malessere, malgrado tutti vorrebbero seguire la via del benessere.
Lo Hatha Pradipika II-19 ci spiega quale dovrebbe essere il giusto comportamento in merito al pranayama;
Se si vuole realizzare completamente il Pranayama, la prima cosa da fare è aprire i passaggi dell’energia vitale (Nadi shuddhi).
Ecco allora che possiamo capire finalmente quale sia la funzione vera delle asana yoga; la pulizia ed apertura dei passaggi energetici del corpo.

Y.S. II- 49. “Il passo successivo, dopo aver perfezionato le asana, è il controllo del respiro che consiste nel trattenere il respiro dopo ogni inspirazione, dopo ogni espirazione o in qualunque momento”.

Importanti raccomandazioni
1- I kumbhaka pranayama sono tecniche complesse da apprendere sempre con la supervisione di un insegnante esperto.
2- Esercitarsi alla sola pausa respiratoria dopo l’inspirazione e l’espirazione, fino a padroneggiarla, prima di intraprendere la pratica del Kumbhaka Pranayama.
Y.M. Vernillo Felice

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