Il sentiero di realizzazione (Yoga Darshana) tracciato da Patanjali si sviluppa attraverso otto attività (yama, niyama, asana, pranayama, prathihara, dharana, dhyana , samadhi)suddivisi in due processi, uno esterno (i primi 4)e uno interno(i secondi 4). Sebbene piuttosto conosciuto questo sentiero, la maggioranza dei praticanti tende a sottovalutare i primi due (Yama e Niyama).
Questi primi due processi sono pratiche di autocontrollo e ingiunzioni, il primo è Yama, si tratta di regolare in modo virtuoso l’attitudine dello yogi verso il mondo esterno e verso gli altri esseri viventi, maturando la non violenza, la veridicità, non appropiazione indebita, non corrompersi, moderazione dei sensi. Il secondo Niyama, riguarda altre ingiunzioni da coltivare per se stesso; purezza, accontentarsi, ardore, pratica costante, abbandono alle leggi dell’universo.
Attraverso queste prescrizioni per il praticante yoga, Patanjali indica che tali pratiche e cambiamenti attitudinali sono prerequisiti per intraprendere le altre pratiche relative al proprio corpo e alla mente, e come tali richiedono una mente libera da distrazioni e dall’ambiente esterno. Quello che viene richiesto è un tentativo deliberato di modificare le precedenti tendenze abituali della mente a seguire i propri istinti ed abitudini, dovute ad errati condizionamenti motivati da avidità, ostilità o infatuazioni portatrici invariabilmente di confusione e miseria senza fine.
Tutti i tentativi di pratica yoga, come asana, pranayama o meditazione, saranno di scarsa utilità e i benefici, se ce ne saranno, saranno solo temporanei senza gli Anga preparatori. La pratica di semplici asana senza un cambiamento nell’etica e nelle abitudini e di altri cambiamenti attitudinali sono forse la causa di gran parte della disillusione provata da molti yogi.
Patanjali per aiutare lo Yogi sincero, suggerisce di mantenere fermo il pensiero che si è intrapreso lo yoga essendo convinti che sia l’unica e l’ultima risorsa per ottenere la pace mentale.
L’elemento fondamentale su cui deve poggiarsi la disciplina yoga è la rettitudine. Ovvero sviluppare i principi etici come Yama e Niyama, rivolti sia verso il mondo esterno che il mondo interiore del praticante. Poiché Yama e Niyama, possono essere considerate “pratiche di comportamento” volte ad orientare correttamente la coscienza dell’adepto; di fatto essi costituiscono i primi due degli otto passi del sentiero yoga di Patanjali verso il fine ultimo dello yoga; la definitiva liberazione dalla sofferenza.
“Senza stabili fondamenta una casa non può reggersi. Senza la pratica dei principi di Yama e Niyama, che pongono stabili fondamenta alla formazione del carattere, non può esistere una personalità completa. La pratica delle asana senza il sostegno di yama e niyama è semplice acrobazia.” (Iyengar B.K.S.).
Ciò a conferma che; se non si ha un grande senso di rettitudine etica, a dispetto dell’abilità fisica e della brillante conoscenza intellettuale, si rimarrà ancora nell’oscurità.
Sri Ramakrishna era solito dire: “Lo yogi senza rettitudine etica è come un contenitore bucato. Non importa quanto si cerchi di riempirlo, sarà sempre vuoto”.
Arjun