PADMASANA – La posizione del fior di Loto
“Il loto cresce nelle acque fangose, ma questo fiore non ne porta segno alcuno. Allo stesso modo noi dobbiamo vivere nel mondo”. B.K.S. Iyengar
In oriente il loto rappresenta i livelli di coscienza. Il fiore completamente aperto è associato al Buddha, L’illuminato in vita, raffigurato seduto su un fiore di loto.
Per Indù e Buddisti il fior di loto rappresenta il simbolo della conquista spirituale, il fiorire del potenziale umano, ogni petalo simboleggia uno stadio della crescita del discepolo.
Il loto non cresce in acque limpide e cristalline, ma in mezzo alle scorie che si raccolgono sul fondo di uno stagno. Tuttavia il fiore, a mano a mano che emerge lentamente dalle acque fangose, non appare né sporco né deturpato. Allo stesso modo il fiore della coscienza dello yogi emergerà, puro e incontaminato.
Il vero discepolo non si lascia contaminare dalle acque fangose della vita. La consapevolezza spirituale aumenterà attraverso il tentativo continuo di sradicare le manifestazioni egoistiche proprie di una natura inferiore. E’ proprio nel controllo del corpo e della mente che meglio si esprime il significato dello yoga.
Non cerchiamo consolazione mentre il volto è rigato dalle lacrime. Il dolore per il distacco dai bisogni, dai desideri, dai mondi che noi stessi abbiamo creato è profondo. Nei primi momenti una forma di pietismo farà apparire grande il sacrificio, perché non si è veramente decisi a rinunciare a ciò che è all’origine del dolore. Ma la liberazione è più vicina quando questo lavoro su se stessi proviene dal cuore.
La conquista di sé è un compito arduo. Non possiamo aspettarci che la liberazione giunga come un dono da Dio o dal Guru, senza sforzi da parte nostra. La delusione per questa scoperta può essere proiettata sul maestro; ma non bastano le critiche degli altri a liberarci dai nostri difetti. Quando il discepolo ha raggiunto un alto grado di consapevolezza spirituale, entra in contatto con l’essere interiore, incontaminato come il fiore di loto. Che questa sia la mèta.
Quando lo sforzo richiesto per stare seduti in Padmasana con facilità viene inteso come necessità di calmare la mente-scimmia, perché possa essere attraversata dalla luce del loto interiore, si giunge a comprenderne il valore. Restare a occhi chiusi, al di là delle nuvole delle emozioni, mentre il premio dell’esperienza emerge dal centro del cuore, farà assaporare una felicità sconosciuta in precedenza.
L’importanza di questa asana è dimostrata dal fatto che Padmasana viene descritta dettagliatamente in tutte e tre le antiche scritture di riferimento dello Hatha-Yoga, lo Hatha Pradipika, la Gheranda Samhita e lo Shiva Samhita.
Padmasana nella Hatha Yoga Pradipika
Hatha Pradhipika è un testo dello Hatha-yoga ed è stato redatta nel XIV-XV secolo da Svatmarama, discepolo di Gorakhnath.
Nel primo capitolo sono descritte 15 posizioni principali dello Hatha-Yoga, tra cui Padmasana viene descritta nei versi dal 46 al 51:
H.P. v:46- Posizionare il piede destro sulla coscia sinistra e il piede sinistro sulla coscia destra, e afferrare le dita dei piedi con le mani incrociate sulla schiena. Premere il mento contro il petto e guardare la punta del naso.
“Si chiama Padmasana, il distruttore delle malattie degli Yogi.” Nei versi 47-50 vengono descritte una variante con le palme delle mani, reciprocamente sovrapposte e rivolte verso l’alto, appoggiate fra le cosce, e la tecnica di respirazione. v,51 “Seduto in Padmasana, lo Yogi che è capace di controllare la respirazione, non c’è dubbio, è libero da schiavitù.”
Padmasana nella Gheranda Samhita
Il Gheranda Damhita è un manuale di yoga, scritto di Gheraṇḍa e del suo discepolo Chandakapali datato tra il XVI e XVII secolo, che insegna tra tante altre cose 32 asana e 25 mudra.
Padmasana qui è menzionata nel verso 8 come il distruttore di ogni malattia. La postura del fior di loto è stata descritta molto dettagliatamente con le mani che afferrano gli alluci da dietro la schiena, quindi sarebbe la posizione Baddha Padmasana (baddha = legato). Alla fine si abbassi il mento sul petto e si volga lo sguardo alla punta del naso.
Padmasana nello Shiva Samhita
Śiva Saṃhitā, dal sanscrito significa “La raccolta di Shiva” è un testo di Hatha -Yoga ad opera di un autore sconosciuto nel XVIII secolo. È considerato il più completo testo di Hatha-Yoga sul piano filosofico tra quelli conosciuti. È il testo più recente e, per primo, affronta il concetto che qualunque adepto può essere in grado di praticare yoga e di ottenerne benefici.
Il verso 88 inizia così: “Io descriverò ora Padmasana che tutela da tutti i disturbi (o li cura)”, poi segue l’accurata descrizione della postura fisica e anche la guida della respirazione. Con il verso 91termina:”Seduto nella posizione Padmasana e conoscendo l’azione di Prana e Apana quando lo Yogi pratica la regolazione del respiro, egli è emancipato: Io vi dico la verità. Realmente Io vi dico la verità.”
Avvertenze per la pratica in sicurezza:
E’ necessario far precedere la pratica di Padmasana con una specifica preparazione di tutte le articolazioni coinvolte, come le caviglie, ginocchia, anche. Guidati da un insegnante esperto.
LE CONTROINDICAZIONI DI PADMASANA
Questa posizione è controindicata e va assolutamente evitata:
- Da chi ha avuto infortuni e operazioni alle ginocchia
- Da chi soffre di vene varicose, capillari rotti
- Da chi è soggetto ad avere gonfiore nelle gambe
- Da chi è soggetto a difficoltà circolatorie
- Da donne incinte con una gravidanza problematica.
M.to Felice Vernillo
Vai…..MEDITAZIONE GUIDATA: Il Loto del Cuore: https://youtu.be/IOCySL0-GJ8