HATHAPRADHIPIKA (La luce dell’hatha yoga)
Lo Hathapradipika di Svatmarama Swami è tra le opere riguardanti lo Hatha-yoga Sadhana, quella che innumerevoli generazioni di yogi hanno considerato, più di ogni altra come un sussidio indispensabile.
L’opera fu pubblicata per la prima volta in India, in sanscrito nel 1893, con il commento di Brahmananda,dalla traduzione inglese di Shrinivas Yangari. E’ probabile che questo testo si basi sulla ricostruzione e l’ampliamento di un testo più antico, di cui restano solo alcuni frammenti. Questo testo risale al II o I A.C., ed è attribuito a Gorakha-Nath, personaggio mitico citato come uno degli 84 Siddha, fondatore della tradizione Tantra-vidya.
Il rapporto non ancora chiarito tra i due testi, ha dato luogo ad alcune ipotesi:
– Svatmarama è un grande yogi e i suoi insegnamenti furono tradotti da uno dei suoi discepoli in questo testo, che forse, si ispira in qualche modo a quello più antico;
– Più probabile:Svatmarama, uno yogi, tenta con successo di adeguare le pratiche tantriche alla mentalità e alla moralità brahminiche dominanti; si rifà agli insegnamenti della tradizione tantrica, i cui autori sono indicati nel testo come suoi maestri.
Svatmarama vive nell’India del XVI° secolo, nel periodo di massimo sincretismo filosofico e religioso (fusione di dottrine di origine diverse) conosciuto col nome diVedanta. Il suo nome significa “Colui che prende diletto(rama) nel proprio(sva) sé(atman)”, a conferma della sua dedizione alla via dello yoga.
L’opera scritta assolve alla funzione di mantenimento della tradizione originale, soprattutto nel momento in cui è trascurata e sta per essere dimenticata. Il merito di Svatmaramaè di avere sistematizzato una disciplina certamente preesistente e di averla resa accessibile sia allo studioso sia a chi intende praticarla.
Lo hatapradipikaadotta come base della liberazione (Moksa ) il corpo fisico e il corpo energetico, strettamente interconnessi in un’unica struttura esistenziale. I due corpi sono interdipendenti, questo comporta che quanto accade all’uno trova immediato riflesso nell’altro. Agendo sul corpo fisico si producono effetti sul corpo energetico, le modificazioni del corpo energetico modificano il corpo fisico. Svatmarama offre nella sua opera la descrizione di un insieme di esercizi fisici la cui finalità è la liberazione.
La liberazione dal dolore è quello che l’uomo desidera maggiormente. L’autore pur incentrando la pratica sul corpo fisico, ritiene che Hatha yoga e Raja yoga siano complementari e interdipendenti come lo sono il corpo e la mente (H.P.II,76).
Lo yoga descritto da Svatmarama ha solo quattro componenti (Asana- Pranayama – Mudra- Samadhi), mentre secondo altre autorità ne ha sei (Goraksha Satataka IV e anche Amrtanadopanishad VI), sette (Gheranda Samhita I.9), otto (Patanjala Darsanam II.9, Mandalabrahmanopanisad I,2 e anche Amrtanadopanisad 6) e perfino 15 (Tejobindupanisad I.15 e16).
La parola sanscrita Hatha quindi significa l’unione (yoga) delle due correnti alternanti in un unico flusso di energia. Pradipika è la “chiara lanterna” che si accende quando Sole(Ha) e Luna(Tha), i due canali idae pingala al cui interno l’energia scorre alternativamente, si uniscono spingendo l’energia (kundalini)nel canale centrale (Susumna).
Svatmarama non è interessato alle sottigliezze della mente, quanto piuttosto al cammino delle forze che sottintendono gli stati di coscienza. Si direbbe essere un pragmatico della conoscenza, inevitabilmente attuale e moderno.
Egli considera hatha-yogae Raja-yoga due aspetti di un’unica disciplina, lo yoga, a cui maestri posteriori a Svatmarama hanno dato semplicemente il nome di hatha-yoga.
Il praticante, che si incammina sulla via dello yoga, compie con il corpo fisico esercizi che sembrano non possedere immediatamente una controparte mentale e spirituale. Se la pratica è costante e prolungata nel tempo, emerge la consapevolezza di quella dimensione mentale e spirituale che è propria dello yoga.
Come altri autori di yoga prima di lui, Svatmaramanon definisce in modo univoco termini quali hatha-yoga, Raja-yoga, kundalini. Nella lezione II, 76 e nella lezione IV, 79 egli sembra prospettare hatha-yoga e Raja-yoga come due aspetti di un’unica disciplina che chiamiamo yoga, che dovrebbero essere praticati congiuntamente sempre per un pieno successo. Di contro, all’inizio (I, 1 e 2) e alla fine (IV, 103) si afferma che l’hatha-yoga è stato insegnato e praticato avendo come fine ultimo il Raja-yoga.
Esperienza, requisito base nello hatha yoga
L’esperienza del corpo può essere fatta o direttamente o attraverso alcune delle sue funzioni, come in automobile l’esperienza può riguardare il motore o essere una esperienza di autista che guida quella macchina. Capita durante la guida di essere persi nei propri pensieri, oppure di essere concentrati nella guida o sul funzionamento del motore.
Il corpo è il primo oggetto necessario per poter esperimentare la nostra esistenza.
In sanscrito”Shariram adyam khalu dharma”: Sharira– corpo, adyam– primo, khalu– tutto e dharma– entità che sostiene la vita.
Un concetto molto importante nello hathapradhipika è quello legato alla purificazione del corpo: Ghata Shuddhi – la pulizia del complesso psico-fisico
Le pratiche inerenti il cosiddetto “lavaggio del motore”sono:
1 Deha Shuddhi per la pulizia della struttura
2 Nadi Shuddhi per la pulizia dei canali energetici
3 Prana shuddhi per la correzione del funzionamento dell’energia vitale.
Tenere in ordine il veicolo è interesse sia del proprietario della macchina che di chi la guida, per il buon funzionamento del corpo un ruolo importante lo hanno anchemudra e bandha e quando grazie alle pratiche di asana, pranayama, mudraebandhatutto funziona per il meglio, lo stato di benessere interiore è Nadanusandhana.
Riassumendo
1 Ghata shuddhi riguarda l’aspetto psico-fisico della struttura
2 Pranayama riguarda l’aspetto funzionale del corpo
3 Mudra e bandha riguardano l’autista direttamente, ovvero colui che guida
4 Kundalini – Pravodhana e Nadanusandhana riguarda il risultato ottenuto
La base dello Hatha Yoga è Shuddhi, ovvero, la purificazione del corpo in superfice ed in profondità.
IL CORPO FISICO SECONDO YOGA
Il termine yogico che definisce il corpo è Ghata (Deha o Sharira)che significa contenitore. Questo contenitore con l’uso si sporca e diviene impuro, le impurità vanno rimosse, lo Hatha Yoga ci spiega come e quali sono i parametri che ci permettono di sperimentare il nostro corpo e le sue impurità. Da un punto di vista anatomico il corpo umano è formato da diversi tessuti che formano apparati e sistemi, ma l’unica struttura che noi possiamo veramente sperimentare ed utilizzare volontariamente sono i muscoli, per cui possiamo dire che il concetto di corpo è legato al concetto di muscoli.
Parlare è una attività muscolare così come camminare, respirare, gesticolare…varie possono essere le attività svolte, ma si tratterà sempre e solo di attività muscolare. Se i muscoli sono paralizzati non si può più fare nulla di tutto ciò, anche urinare è una azione muscolare, come parlare e respirare. A parte le funzioni sensoriali e le attività ghiandolari, tutto nel corpo è legato al funzionamento dei muscoli.
Possiamo quindi dire che corpo significa anche muscoli, visto che ciò che noi possiamo sperimentare del nostro corpo è l’attività muscolare. Quando abbiamo dei dolori significa che i muscoli sono in uno stato alterato e qualunque tipo di attività svolgiamo la muscolatura viene sempre interessata, per sollevare un braccio, c’è una contrazione muscolare, facciamo un passo, c’è una contrazione muscolare, il problema è che non sempre ad una contrazione segue una distensione, pensiamo di rilassarci, ma spesso le tensioni rimangono, magari a livello profondo, ed è così che il corpo diventa “sporco“.
Come facciamo a purificare il corpo? Rilasciando le tensioni, quindi intervenendo a livello di muscolatura. Questa azione di rilassamento delle tensioni muscolari è capovolgere la situazione (Viparita Karani), facciamo l’opposto di quanto è avvenuto prima, se prima io avevo contratto i muscoli accumulando tensioni, comincerò a cercare di rilassare sempre più in profondità per innescare un processo inverso, il contrario di contrarre è rilasciare, il contrario di tendere è distendere, allungare, fare dello “stretching passivo”.
Questi sono i principi guida: Con l’uso il corpo diviene impuro (tensioni muscolari), le impurità si accumulano e fanno sì che l’esperienza che facciamo del nostro corpo sia sempre più negativa, come la macchina che quando è pulita ci dà una bella sensazione, quando è sporca una sensazione spiacevole. Quando sperimentiamo le impurità (tensioni, crampi, dolori, tremori, spasmi, coliche) del corpo, anziché accettarle passivamente, dovremmo cercare di liberarcene, lo Yoga potrebbe essere definito come un mezzo per la rimozione delle impurità/tensioni (Deha Suddhi, con l’aiuto dello stretching passivo dei vari gruppi muscolari.
Possiamo trasformare questo concetto di Deha Suddhi in esperienza, lavorando attraverso l’allungamento muscolare (stretching), qualunque sia il tipo di pratica scelto i muscoli non andranno mai contratti, ma solo distesi.
Una delle definizioni di Asana è “essere”, ovvero , come sperimentiamo il nostro essere? Siamo in grado di darci una risposta? Spesso sperimentiamo solo le tensioni del nostro “essere“, e ci identifichiamo con esse, ma quando il muscolo comincia a distendersi, ad allungarsi, le impurità che lo tenevano contratto cominciano a scomparire, si può così finalmente incominciare a sperimentare l’esistenza in uno stato più puro.
Che scopo avrebbe la pratica di asana se non quello di riportarci verso uno stato di equilibrio e di stabilità? L’equilibrio indica stabilità e benessere, significa unione del corpo con la mente. La mente è sempre attratta verso l’esterno, stimolata dall’attività sensoriale, attivata dai pensieri, dalle memorie, proiettata verso il futuro, lo Yoga vuole riportare unione tra il corpo e la mente, passando dall’attività corticale(pratiche dinamiche) ad una attività sottocorticale(cervelletto e midollo allungato).
Solo quando l’unione tra mente e corpo si è consolidata, le funzioni fisiche cominciano ad “avvenire” con ritmo spontaneo, come quando la macchina è nel tunnel di lavaggio, si lascia trasportare, il suo motore è spento…, non c’è più azione volontaria, ma abbandono… da Karta ad Akarta, un passaggio dall’atteggiamento di chi fa a quello di chi lascia accadere.
L’unione della mente con il corpo in Yoga è detto Arambha, è uno stato raro, in quanto tende sempre a prevalere l’unione con il mondo esterno, grazie ai cinque organi di senso che richiamano continuamente verso l’esterno. L’unione con il mondo esterno è definita come BhairangaYoga, mentre l’unione con sé stessi diventa Antaranga Yoga, il concetto di unione rimane ma la marcia si inverte passando da stimoli sensoriali esterni alla percezione del proprio corpo, saper cambiare tipo di unione nello yoga è fondamentale.
Questo è il messaggio dello Yoga, che se non colto, le pratiche rimangono solo esercizi, non si trasformano in vere e proprie asana ed il corpo rimane nel suo stato impuro.
Anche Patanjali parla di capacità di abbandono, della capacità di non guardare solo fuori, ma anche dentro Antar(interiore) Drishti(focalizzarsi).
Om Shanti