Yama – Niyama: le regole nello Yoga
Durante la nostra vita, fin dai primissimi anni, ci sentiamo dire come dovremmo comportarci e quali regole dovremmo seguire per essere ben voluti, delle “persone buone” e conformarci a una qualche entità, che può essere la società stessa o una personalità spirituale. Le regole e i dogmi ai quali ci viene chiesto di conformarci, sono percepiti come qualcosa di alieno, a noi estranei e imposto.
I praticanti di Yoga occidentali, trasferiscono spesso la stessa attitudine di pensiero anche nei confronti dei precetti stabiliti dalla disciplina yoga contenuti negli Yamas e Nyamas, con il conseguente affiorare di un senso di insofferenza riguardo a “nuove regole” che, per di più, arrivano da una cultura a loro estranea e lontana nello spazio e nel tempo. Yamas e Nyamas sono i primi due passi lungo la via dello Yoga*, come ci sono presentati da Patanjali, gli stessi contenuti li troviamo in quasi tutte le correnti e tradizioni dello Yoga, molto più antiche di Patanjali stesso. Gli stessi argomenti sono presenti in quasi tutte le correnti spirituali e religiose, esistenti o esistite al mondo. Qual è dunque la diversità, se esiste, e quale può essere l’utilità di confrontarsi con essa? La risposta a questa domanda risiede all’interno della concezione Vedica del cosmo e delle sue leggi. Lo Yoga ha le sue radici nei Veda stessi e le sue leggi non sono state concepite da mente umana, ma derivano direttamente dal Divino. La differenza più grande rispetto alla concezione religiosa occidentale, è che il Divino non è una entità esterna, ma è immanente a tutta la creazione e quindi presente anche all’interno di ciascuno di noi.
Le leggi dello Yoga non arrivano dal chiacchiericcio, più o meno coerente, di una qualche mente, ma dal silenzio profondo, dove la mente stessa viene trascesa per lasciare spazio alla voce sottile dell’Assoluto. Queste leggi ci sono state tramandate da saggi anonimi, chiamati Rishi, che le hanno ricevute, o meglio trovate, al loro interno, attraverso la pratica della meditazione. Le leggi dello Yoga, dette anticamente Sanatana Dharma (Legge infinita e immortale) sono allo stesso tempo immanenti e trascendenti. Nella nostra società, quando si parla di libertà, si pensa subito al poter “fare ciò che si vuole”, a non sottostare ad alcun precetto morale, ma la vera libertà è ritrovare la legge morale insita nella nostra natura, nascosta dal nostro falso ego, per vivere seguendola senza alcuno sforzo. Il “fare ciò che si vuole” porta inevitabilmente al profondo del proprio inferno, il cui carceriere è il nostro ego.
Alcuni pensano che, Mosè stesso, attraverso la disciplina e l’austerità, meditando in cima al monte Sinai, abbia ricevuto le stesse leggi, i dieci comandamenti, ipotizzando l’origine legata a una entità esterna, celata in qualche parte nel cosmo, mentre questa essenza pervade tutte le cose, tutti gli esseri e tutto l’universo. I contenuti di Yamas e Nyamas possono essere letti, discussi e interpretati, ma la meraviglia sta nella loro accessibilità da parte dell’individuo, nel proprio interno; la corretta interpretazione non sta sulle labbra di qualcun altro, ma nella voce sottile della propria anima. Per questo motivo molti praticanti di Yoga li trovano ostili in un primo tempo, per poi scoprire la loro vera essenza e natura attraverso la pratica stessa.
Più si pratica una qualsiasi forma di Yoga e più queste leggi diventano chiare, semplici e ci si conforma a esse senza fatica. Cercate di ricevere e ascoltare questi precetti e percepitene la validità all’interno della vostra vita, senza prendere per buona e scontata qualsiasi interpretazione che di essi vi viene data. Il loro significato e validità non è un qualcosa di statico e fisso, ma una realtà dinamica, che cambia con il mutare della vostra vita e con la profondità che lo Yoga assume all’interno di essa. Soprattutto nella visione tantrica, non ha senso imporsi leggi e codici estranei al proprio essere. Al contrario, questo ha spesso un effetto deleterio, che allontana la meta anziché avvicinarla. Il giusto atteggiamento da assumere è essere aperti all’ascolto, accogliere e lasciare che questi insegnamenti penetrino all’interno del nostro essere, trovando una loro collocazione naturale. Questo non esclude il bisogno di libertà, ma bensì quella che libera dalla schiavitù delle abitudini. La disciplina nello Yoga non è soppressione del proprio essere, ma consiste nel mettere in discussione ciò che in realtà lo opprime: pensieri e abitudini sociali di cui sono date per scontata la bontà, mentre rappresentano un pesante fardello che soffoca il nostro sé. Se percepite la luce che porta il seguire questi precetti, non procrastinate. L’inizio risiede nel momento presente, mentre state leggendo, non nel domani. Allo stesso tempo, siate indulgenti verso voi stessi e le vostre debolezze; ogni istante è sempre perfetto per rialzarsi e riprendere il viaggio.Questo rappresenta l’essenza della disciplina yoga.
OM SHANTI
* YAMA ( Disciplina verso il mondo esterno)
- AHIMSA – non violenza
- SATYA – non mentire
- ASTEYA – non rubare
- BRAMACHARYA – continenza sessuale
- APARIGRAHA – non possedere più del dovuto
* NIYAMA (Disciplina verso se stessi)
- SAUCA – purezza
- SANTOSA – accontentarsi
- TAPAS – austerità
- SVADHYAYA – studio (dei testi e di sé)
- ISVARAPRANIDHANA – abbandono al Supremo