Credere nella Verità di Swami Atmaswarupananda
C’è un detto che dice: ” La verità è più strana della finzione.” E questo è proprio un fatto che si presenta nella vita spirituale. Quello che possiamo scoprire – e quello che può succedere – può essere più strano di qualsiasi finzione.
C’era una donna che quando entrava in un certo stato meditativo, sperimentava che c’era una voce interiore che voleva dettarle qualcosa e che lei doveva scrivere. Lei cominciò a scrivere e da lei venne fuori quello che si può chiamare una sintesi degli insegnamenti di tutte le grandi religioni. Questo divenne un grande volume che fu distribuito e studiato in tutto il mondo.
Un giorno uno dei suoi amici disse a questa donna: “ Tu hai scritto un libro, un volume che è equivalente a una sacra scrittura, ma non ti vedo agire in conformità agli insegnamenti che sono in esso.” La donna rispose: “ So che quello che il libro dice è vero, ma in verità non ho fiducia in esso !”
E’ questo il nostro problema? Sappiamo che quello che le scritture dicono è vero, ma nel profondo del nostro cuore crediamo in esse? Le scritture dichiarano che Dio soltanto esiste e che noi siamo Quello, ma questo è quello in cui noi crediamo nella nostra vita di ogni giorno? Possiamo scuotere la convinzione che io sono un individuo separato, che io sono qui e che il mondo è lì e che Dio è da una qualche altra parte?
Se riconosceremo che c’è una lacuna tra quello che noi verbalmente affermiamo essere vero e quello che in effetti crediamo nella vita giornaliera, allora abbiamo una possibilità. Oppure possiamo riconoscere questo fatto ma ignorarlo, nel qual caso c’è pericolo di ipocrisia, perché stiamo affermando che qualcosa è vero in cui noi realmente non crediamo; se invece riconosciamo che questa lacuna è una inevitabile parte della nostra evoluzione, allora possiamo usare positivamente questa conoscenza per agevolare la nostra sadhana.
Noi possiamo riconoscere che Dio spesso ci da verità che sono mezzi per andare avanti nella nostra vera comprensione. Egli frequentemente ci conduce tramite il nostro intelletto, per così dire. Il nostro cuore e possiamo anche dire la nostra pancia o il nostro sangue vengono dopo. Se riconosciamo questo fatto, non ci sentiremo così scoraggiati. Realizzeremo che il viaggio spirituale è un lungo e profondo processo che deve avvenire passo dopo passo.
In più, dobbiamo riconoscere che non dobbiamo affidarci ai nostri sentimenti. Se siamo in un atteggiamento spirituale, non abbiamo affatto alcun problema a credere agli insegnamenti e alle scritture: “ Si, in verità, tutto è uno. Dio solo è, ed io sono Quello.” Ma se non siamo in uno stato d’animo spirituale, noi non possiamo neanche ricordare quello che vediamo quando eravamo presenti e le verità delle scritture sono lettera morta per noi.
Ma se Dio solo è e noi siamo Quello, ciò deve essere un fatto, non importa quale è il nostro stato d’animo. Il test per il sadhaka è: se egli afferma o no la verità comunque egli si senta. Questa è la sfida di fronte a noi ogni giorno. Noi sappiamo quale è la verità; la sfida è essere convinti di essa al di là di come ci sentiamo. Swamiji ci dice che se ci dimentichiamo di essa cento volte, dobbiamo affermarla cento e una volta.
Quindi, se scopriamo che sappiamo che quello che le scritture dicono è vero ma non crediamo in esse realmente, possiamo riconoscere solo che non siamo differenti da molti altri. Ma questa non deve essere una scusa per abbandonare tutto. Noi invece come Yogi/Yogini abbiamo il dovere di affermare la verità che conosciamo, non importa come ci sentiamo, finché sempre di più essa diventi il nostro credo ed esperienza quotidiana.
Om shanti